FIABE E RACCONTI ILLUSTRATI 2005: Il castello di pan duro – menzione per il testo

 

IL CASTELLO DI PAN DURO – menzione per il testo
di Lucia Masciullo, Livorno

C’era una volta, in una terra lontana lontana, un castello fatto di pan duro che aveva i pavimenti di pan duro, le mura di pan duro e anche il tetto di pan duro. Lì vivevano il re di velluto e sua figlia, la principessa di zenzero. La principessa era la fanciulla più graziosa che si fosse mai vista, ma era anche molto vanitosa.
Ogni giorno il re di velluto le presentava i principi più belli e valorosi di tutto il regno, perché potesse scegliere il suo sposo, ma la principessa di zenzero li rifiutava uno dopo l’altro: qualcuno le sembrava troppo alto, qualcuno troppo magro, chi le appariva troppo educato, chi troppo biondo.
Il re di velluto era molto preoccupato. Decise così di chiedere consiglio allo stregone più saggio del regno, colui che aveva vissuto, si diceva, più di trecento anni: l’iguana del tempo. Questo potente mago viveva sulla sponda orientale del lago di cobalto, oltre il bosco di pentole. Il re di velluto si mise in viaggio e dopo un giorno e una notte di cammino, arrivò.
“Entrate, mio sire – gli disse l’iguana del tempo quando lo vide sulla porta – gradite un infuso di corallo, un sorbetto al cetrà ngolo?”. Il re accettò volentieri l’infuso di corallo, raccontò subito il motivo del suo viaggio e interrogò il sapiente mago sul da farsi.
L’iguana del tempo aprì il grande libro degli stranguglioni incantati, si pizzicò la punta del mento, aggrottò le sopracciglia canute e finalmente esclamò: “Ecco qua il rimedio! Il prodigioso decotto d’amore pentafruttato” e si mise a preparare la pozione miscelando gli ingredienti in un grosso calderone brunito, utilizzando le secolari parole di rito:


“Vento di nespola, squama di carruba,
ride l’oliva che salta nella tuba;
baffo di anacardo, dente di limone
questa ricetta sarà  la soluzione,
non è un eupeptico, non è un veleno,
la fanciulla si innamori in un baleno!”

In una nuvola rosa di giubilo e cinnamomo, l’iguana del tempo infilò la zampa nel grosso calderone brunito e ne tirò fuori un uovo di sale.
“Date questo a vostra figlia – disse soddisfatto affidando l’uovo di sale alle mani incredule del re di velluto – e ditele che questo è il suo sposo”.
Il re di velluto ringraziò l’iguana del tempo, rimirò il lago di cobalto, attraversò il bosco di pentole e dopo una notte e un giorno di cammino fu di ritorno al castello di pan duro.
Mentre saliva le scale per raggiungere la principessa di zenzero, corrugò la fronte: ‘Di certo l’iguana del tempo – pensò – è lo stregone più saggio di questo regno. E’ ben strano quel che mi ha detto, ma ugualmente lo farò’.
Così andò dalla principessa di zenzero e le consegnò l’uovo di sale: “Ecco, figlia mia adorata – le disse – ho trovato il tuo sposo”.
Quando la principessa di zenzero si vide un uovo di sale tra le dita bianche pensò che il re di velluto suo padre volesse burlarsi di lei, ma la barba solenne del re rimaneva muta e nessun sorriso furbo si affacciava tra le sue labbra. Allora la fanciulla capì che quello sarebbe potuto essere davvero il suo sposo: ‘E’ bizzarro – pensò – che il re di velluto, mio padre, mi voglia dare in sposa ad un uovo di sale, pur tuttavia preferisco questo simpatico balocco ai boriosi principi del regno’.
Così fece un inchino e ringraziò per il dono ricevuto: “Grazie padre, terrò questo uovo di sale come si conviene al mio futuro sposo” e fuggì divertita nelle sue stanze di pan duro.
Nei giorni seguenti cominciarono i preparativi per le nozze e la principessa era di ottimo umore. Fece sistemare per il suo sposo un cuscino di petali di neve ai piedi del suo letto, fece imbastire sul suo corpo ovale uno splendido vestito di fili di cielo e fece costruire una piccola carrozza di papaveri e campanelle per condurlo più agevolmente. L’uovo di sale era diventato in pochi giorni il suo giocattolo preferito e il re di velluto si rallegrava ogni volta che li vedeva passare.
Ma il giorno delle nozze, mentre la principessa di zenzero e l’uovo di sale passavano da una stanza all’altra per gli ultimi ritocchi prima della cerimonia, la piccola carrozza di papaveri e campanelle urtò un vaso di lenticchie mestolate e cominciò a rotolare giù per le scale di pan duro.
La fanciulla si lanciò di corsa all’inseguimento della carrozza, ma fu tutto inutile: in fondo alle scale di pan duro la carrozza di papaveri e campanelle si rovesciò e l’uovo di sale cadde sul pavimento di pan duro frantumandosi in centosettantatre minuscoli frammenti.
La principessa di zenzero, disperata, traboccò in un pianto dirotto, talmente straziante che anche le mura del castello di pan duro cominciarono a versare lacrime e a piagnucolare: “Ah, cattiva sorte, se solo fossimo state le mura del castello di pandoro questo non sarebbe accaduto”.
Ma in una nuvola rosa di giubilo e cinnamomo, tra i centosettantatre minuscoli frammenti di sale, ecco il più bel principe che si fosse mai visto, con indosso uno splendido vestito di fili di cielo. “Asciugati gli occhi, mia dolce sposa – disse il bellissimo principe vestito di cielo – perché da oggi potrai vedere il mio vero aspetto”.
La principessa di zenzero alla vista del giovane si innamorò in un baleno e continuò a piangere per la felicità  e con lei le mura del castello di pan duro che esultarono in coro: “Oh, che lieto evento! La principessa di zenzero ha ritrovato il suo sposo ed è ancora più bello di prima!”.
A quel punto le pareti madide di lacrime cominciarono a staccarsi e a cadere e in breve del castello di pan duro non rimase che un’enorme poltiglia molle. Ma il re di velluto era così felice per la figlia che ordinò si cucinasse, con i resti del castello di pan duro ormai mescolati ai centosettantatre frammenti dell’uovo di sale e alle lenticchie mestolate, la più grande zuppa della storia, e invitò tutti i sudditi alle nozze, e fu festa per cinque giorni e cinque notti.

Ultimo aggiornamento

27 Settembre 2022, 10:29

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