FIABE E RACCONTI ILLUSTRATI 2005: Il cucchiaio di legno – menzione per il testo

 

IL CUCCHIAIO DI LEGNO – menzione per il testo
di Paola Grosso, Biella

Nell’aria, l’aria sapeva di neve, ma della neve non c’era alcuna traccia.
Peccato, pensò Loretta soffiandosi un po’ di calore nelle mani.
Camminava per strada in un cappotto verde come il muschio e una sciarpa di lana che le riparava la gola, e canticchiava una canzone che le usciva dalla bocca trasformandosi in una nuvola di freddo.
Arrivò di fronte al numero quattro di via dei Melograni, a due isolati da casa sua, e suonò il campanello. Ci andava ogni sabato perché i suoi genitori, il sabato, prendevano lezioni di tango argentino e lei dormiva da Zia Pam.
“Ben arrivata, Loretta. Entra in casa, si gela lì fuori”.
Zia Pam era carina. Era sempre spettinata, anche quando si pettinava. Indossava abiti comodi e sportivi e in casa camminava sempre con calze antiscivolo. A Loretta piaceva perché non le diceva mai stai composta, non tenere i gomiti sul tavolo, non parlare con la bocca piena e bla bla bla e ancora bla. Era diversa da tutti gli adulti che conosceva e profumava di biscotti.
La casa di zia Pam era tutta un saliscendi. Due scalini ed eri in salotto, tre gradini e andavi in cucina. C’erano lampade, cornici senza dipinti, tende vivaci e gufi di legno.
Quella sera, dunque, non c’era proprio verso che nevicasse. Dopo cena zia Pam e Loretta guardarono un film di paura, bevendo una cioccolata calda che spariva sotto una nuvola di panna montata. Poi andarono a letto. La stanza di Loretta si trovava in mansarda e a lei piaceva tanto, prima di dormire, starsene a guardare la luna, incorniciata nell’abbaino sul tetto.
Nel cuore della notte, proprio quando anche l’ultimo gatto randagio se n’era andato a dormire, si sentì un gran boato provenire dalla cucina. Loretta si svegliò col cuore in gola. Subito credette di aver sognato, ma dopo essersi strofinata per bene gli occhi si accorse che il profumo di spuntino notturno era reale, così saltò giù dal letto e si precipitò in cucina.
“Che succede zia?”.
“Oh, Loretta! Ti ho svegliata? Mi dispiace”.
“Non importa… ma cos’è tutto questo disordine?”.


Sembrava che in cucina fosse passato un tifone. Dal lampadario penzolavano fette di prosciutto cotto, il tavolo unto e appiccicoso era cosparso di pan grattato, la porta del forno era caduta in terra e dal soffitto gocciolava un impasto giallognolo di uova, zucchine e noce moscata.
“Disordine? Ah sì! E’ esploso il soufflé, nulla di grave. Tutta colpa di questo dannato cucchiaio di legno. Sto imparando ad usarlo e non mi riesce proprio di capire come funziona!”.
Loretta rise, osservando zia Pam che agitava il cucchiaio nell’aria.
“E’ soltanto un cucchiaio di legno, cosa c’è da capire?”.
Zia Pam prese una sedia, la ripulì dai brandelli di soufflé e si sedette, soffiando via un ciuffo di capelli imburrato che le cascava tra gli occhi.
“Sai mantenere un segreto Loretta?”.
“Certo!”.
“Mi sono iscritta ad un corso di cucina per streghe. Sono già  alla quarta lezione: ‘Pizze, torte salate e soufflé magici'”.
Loretta sgranò gli occhi e li ficcò in quelli della zia.
“Coosa? Tu… tu sei una strega?”.
“Be’, diciamo che cerco di esserlo ma per ora combino soltanto guai. Oggi mi è arrivato per posta uno strano pacco. Dentro c’erano il cucchiaio di legno e alcuni ingredienti magici”.
Prese da un armadietto tre barattoli di vetro e ne lesse le etichette ad alta voce:
– MOUSSE DI GORGONIGLIA (spuma pallida di gorgonzola e vaniglia con pezzi verdastri di muffa),
– PELLE DI ANGUILLA LILLA (squame gommose color violetto),
– SPINE DI PORCOSPINO IN SALAMOIA (intruglio viscoso e pieno di aghi).
“Zia! Ma sono… vomitevoli! A cosa servono?”.
Zia Pam scrollò le spalle magre.
“Qui viene il bello! Non ne ho la minima idea. Per fortuna che insieme c’era il cucchiaio di legno magico”.
“Magico?”.
“Già ! Non servono ingredienti. Basta mescolare in un tegame vuoto e cucina tutto da solo. ‘Successo assicurato!’ diceva il manuale, ma io devo aver sbagliato qualcosa, come puoi notare guardandoti intorno”.
“Accidenti zia, con un cucchiaio del genere puoi fare cose davvero importanti”.
“Hai ragione Loretta, cose davvero importanti… ehi! Come ho fatto a non pensarci prima! Brava: mi hai dato un’idea geniale! Coraggio vestiti, andiamo a fare una passeggiata!”.
“A quest’ora?”.
Ma zia Pam era già  in strada con il cucchiaio di legno in mano e un grosso pentolone al posto della borsetta.
Il marciapiede brillava di piccoli cristalli di ghiaccio e i passi scricchiolavano nel silenzio come su un tappeto di zucchero.
Loretta e Pam si fermarono accanto ad un mucchio di giornali vecchi che russava e sbuffava rumorosamente, nell’antro tiepido di un palazzo. Tra le righe in bianco e nero s’intravedevano appena un paio di baffi arruffati e grigi. Zia Pam appoggiò in terra il pentolone e si chinò un pochino.
“Mi scusi signore, gradirebbe un bel piatto di minestra calda?”.
Dalle pagine dello sport si affacciò un testone di capelli ricciuti, e due occhi sottili e sorpresi fissarono il viso dolce di zia Pam.
“Cosa? Come? Ma non vede che sto dormendo? Cosa le salta in testa?”.
“Lo vedo, ma volevo soltanto offrirle un piatto di minestra per riscaldarsi”.
L’uomo gettò un’occhiata al pentolone vuoto.
“Sì, e magari anche una bella coscia di pollo allo spiedo! Ma chi vuole prendere in giro?”.
“Come desidera! Loretta, per il signore minestra e pollo allo spiedo”.
Loretta che cominciava a capire le intenzioni della zia, le avvicinò la pentola.
Zia Pam mescolò col cucchiaio di legno una minestra invisibile, annusandola ogni tanto con gli occhi socchiusi. Dal pentolone fuoriusciva un leggero vapore e ben presto il profumo raggiunse anche le narici dell’uomo, incredulo e affamato.
Finalmente zia Pam servì in un piatto la minestra fumante e in un altro la coscia di pollo croccante e dorata.
“Ecco la sua cena, signore”.
“Ma… come… io non capisco… era vuoto. E quel cucchiaio… gira, gira…”.
“Buon appetito e sogni d’oro, amico!”.
Poco più avanti, nel parco, Loretta riconobbe la fioraia che di giorno vendeva rose ai passanti per pochi centesimi. Di notte si riparava dal freddo in una casetta di legno, usata per osservare gli uccelli.
La fioraia dormiva profondamente, perciò Loretta le si avvicinò piano, per non svegliarla all’improvviso. Si sentiva un buon profumo, come di quei confetti alla rosa che una volta aveva comprato nella drogheria sotto casa.
“Signora fioraia, le andrebbe un bel piatto di lasagne e una fetta di polpettone farcito?”.
La fioraia, che in tutta la sua altezza arrivava alle ginocchia di zia Pam, saltò in piedi vispa e allegra. Sembrava l’ultima bambola di una matrioska.
“Lasagne? Polpettone? Grazie, non dico mai di no! Dove sono?”.
Zia Pam girò per un po’ il cucchiaio magico nel pentolone e presto lasagne e polpettone furono serviti. In cambio la fioraia donò loro un sorriso e un bocciolo di rosa.
La notte passò tra polenta concia e budini al cioccolato, trofie al pesto e tiramisù. Persino un vecchio gatto pulcioso e spelacchiato ebbe la sua razione di trota e una ciotola di latte fresco. Infine Loretta e zia Pam s’incamminarono verso casa, ridendo e cantando una buffa canzone che si perdeva nella notte, come una nuvola di freddo. Quando giunsero di fronte al numero quattro di via dei Melograni, Loretta alzò la testa e un fiocco di neve le volò sul naso mentre, nella luce calda dei lampioni, una pioggia di zucchero a velo danzava per un istante, prima di posarsi a terra.
Allora pensò che bastava poco per essere felici.

Ultimo aggiornamento

27 Settembre 2022, 10:30

Skip to content