FIABE ILLUSTRATE 2004: Il paese senza specchi – vincitore sez. giovani 18-23 anni

 

IL PAESE SENZA SPECCHI – vincitore sez. giovani 18-23 anni
Testo e illustrazioni: Alice Lia, 21 anni, Nichelino (TO)

Se vi chiedessi quanti paesi avete visto fino adesso, cosa mi rispondereste?
Pensateci bene, mi raccomando!
Scommetto che a centinaia ne avete passati: paesi piccoli, paesi grandi, paesi chiassosi, paesi silenziosi, paesi ricchi e paesi poveri; noi invece parleremo di un paese senza specchi.

Detto tra noi, potremmo raccontarne tanti altri, ma oggi ci va così e quindi zitti e ascoltate questa storia accaduta qualche tempo fa.
Dunque, gli abitanti di questo piccolo villaggio erano persone molto spensierate; ogni giorno uscivano di casa per andare al lavoro, a scuola o al mercato. Le solite cose insomma. Incontrandosi fra di loro però capitava che si facessero delle risate, delle sonore risate che riempivano l’aria di allegria.
Perché mai ridevano così? Ehh… perché e perché… è semplice! Tutti quanti se ne andavano in giro senza essersi preoccupati dei vestiti che indossavano o di come fossero combinati i capelli quella mattina.
Si conoscevano tutti tra di loro (il paese era veramente piccolo), l’unica faccia che non avrebbero saputo descrivere era la propria perché non l’avevano mai vista.
Quando uscivano di casa si guardavano l’un l’altro e c’era sempre un motivo nuovo per scoppiare a ridere: capelli arruffati, barba tagliata male, trucco sbagliato e così via.
Era davvero una città  molto allegra.
Un giorno nella piazza grande arrivò un signore che non si era mai visto: indossava eleganti abiti scuri, un paio di scarpe nere ben lucidate, una cravatta di raso e aveva un’aria molto seria e contegnosa.
Con un passo impostato e rigido, si fermò proprio al centro della piazza.
Gli abitanti, lentamente, gli si radunarono intorno, un poco intimoriti da quella presenza autorevole ma altrettanto curiosi per la novità .
Quell’uomo suscitava una certa ammirazione; che aspetto distinto aveva!
“Villici villeggianti! La Vanità  ha voluto che venissi verso voi!” proclamò, e a quel punto, con aria solenne, mostrò alla folla attenta un oggetto ignoto: uno specchio.
Era un normalissimo specchio ma, ovviamente, per loro si trattava di un’assoluta novità  e quindi l’accolsero con grandissimo entusiasmo.
In pochi minuti l’intera città  era riunita in piazza per ammirare il misterioso oggetto. Tutti si avvicinavano divertiti a quella strana ed incredibile lastra di vetro che non era trasparente e non faceva vedere le cose che gli stavano dietro, ma qualcosa d’altro: dentro vi si potevano distinguere chiaramente molte persone che si muovevano. Somigliavano a loro! Avevano gli stessi vestiti colorati, le stesse facce buffe… a guardarle con attenzione una per volta, si poteva notare che, ad esempio, quel signore grassottello era proprio uguale al barista, quella bambina a… stupefacente!… era il ritratto della figlia del sindaco! … e quell’altra signora…
Non ci volle molto che gli abitanti riconoscessero tutti i presenti.
Ognuno di loro era adesso intento a scoprire chi fosse quell’unico personaggio che sembrava familiare, eppure sconosciuto: che buffi! stavano osservando il proprio riflesso!
Era la prima volta che vedevano la forma del proprio naso, il colore degli occhi, la curva delle palpebre, le orecchie, il mento e tutto il resto.
Una volta scoperto il trucco rimasero sorpresi, stupiti e stupefatti.
E improvvisamente si vergognarono. Uno per uno cominciarono a ritirarsi in casa, in preda ad un profondo imbarazzo.
“Ho molti altri specchi con me all’albergo!” diceva intanto lo straniero, mentre tutti si allontanavano a testa bassa.
La città  diventò improvvisamente silenziosa e triste. Nessuno osava più uscire di casa; le strade rimasero grigie e completamente deserte, la piazza desolata e fredda.
Solo quando scese la notte, uno per volta, gli abitanti corsero all’albergo guardinghi e di soppiatto per non incontrare nessuno. Là  li aspettava lo straniero, con un sorriso sornione da navigato mercante, consapevole di aver destato la giusta curiosità . Ovviamente ad ognuno di loro vendette uno specchio per qualche soldo.

Il giorno successivo nessuno andò al lavoro, a scuola o al mercato. Restarono tutti davanti allo specchio, sentendosi troppo brutti e ridicoli per poter uscire.
Provarono a pettinarsi, a cambiare vestiti, senza riuscire mai ad essere soddisfatti del proprio aspetto.
“Ehilaaà ? E’ permesso?” Era la voce allegra di una vecchia signora grassottella che risuonava nella piazza vuota, in quel momento stava bussando alla vetrina della gelateria.
Il giorno prima, il giorno dell’arrivo dello straniero, alla signora era venuta una gran voglia di mangiarsi un gelato, ma quando era arrivata in piazza questa era così affollata che lei non era riuscita a raggiungere il negozio ed aveva rinunciato. Non era neanche riuscita a capire il perché di tutta quella confusione, a causa della sua forte miopia. Se n’era tornata a casa ripromettendosi di tornare l’indomani, e così aveva fatto. Vecchia e testarda!
Ed eccola allora, quel pomeriggio, mettersi il cappello di pelo (faceva freddo quel giorno) prima di uscire ed iniziare la sua tranquilla passeggiata. Non si era accorta, sempre a causa di quella sua miopia, che quello che aveva messo in testa non era un cappello ma il suo grasso gatto persiano, che ora le dormiva placidamente acciambellato sulla testa. Una delle tante stranezze che fino al giorno prima tutti facevano in quel posto.
Gli altri abitanti, chiusi invece nelle loro case e nei loro timori, la udirono e si affacciarono alla finestra; guardandola per bene, cominciarono a sorridere, a ridere e a scompisciarsi senza riuscire a smettere.
Come se si fossero appena svegliati scesero tutti in piazza con gli specchi sotto al braccio e senza aspettare un minuto in più li lasciarono cadere a terra, frantumandoli in tanti piccoli pezzettini.
Basta incertezze! Basta esitazioni, titubanze e dubbi!
Ma non li buttarono via tutti quei frammenti luccicanti; li raccolsero facendo attenzione a non tagliarsi le dita, e, riunendoli, composero uno specchio nuovo: uno specchio enorme, che sembrava un mosaico riflettente un’immagine della realtà  tutta particolare, ancora più stramba e divertente.
Questo nuovo monumento avrebbe decorato la piazza del paese per molto tempo dando un motivo in più agli allegri abitanti per ridere a crepapelle di loro stessi riflettendo i loro movimenti o le loro figure in modo esilarante.
Nel frattempo, all’orizzonte, lo straniero si allontanava nei suoi abiti scuri, scuotendo la testa in segno di disapprovazione ma con le tasche piene di monete tintinnanti.

Ultimo aggiornamento

27 Settembre 2022, 10:11

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