FIABE ILLUSTRATE 2004: Orso, la luna e lo specchio – 1 premio

FIABE ILLUSTRATE 2004

ORSO, LA LUNA E LO SPECCHIO – I ° premio
Testo: Daniela Barbato, 33 anni, Torino
Illustrazioni: Irene Bedino 24 anni, Torino
Non era stata una gran settimana per Orso.
Il suo amico Martino non lo aveva scelto nella squadra di calcio, si era preso una sgridata dalla maestra perché il suo quaderno era pieno d’orecchie e la bambina con le lentiggini gli aveva rovinato il disegno con l’elefante peloso.
Ma anche le settimane peggiori hanno le domeniche!
E quella ad Orso sembrava proprio una giornata tranquilla, finché ad un certo punto la mamma gli disse: «Orso, adesso prepariamo il tuo zaino grande. Oggi ti accompagnamo da zio Attilio, starai con lui tutta la settimana, perché papà  ed io siamo via per lavoro. »
Ad Orso piaceva lo zio Attilio. Era l’adulto meno adulto che conoscesse. Prima di tutto vestiva quasi sempre di giallo, quando parlava usava un sacco di parole strane e soprattutto non abitava in una casa normale ma viveva in una stanza sul retro del suo negozio d’antiquariato.

Nonostante questo, Orso era un po’ spaventato e si sentiva le farfalle nella pancia, perché era la prima volta che passava un’intera settimana tutto solo.
La mamma se ne accorse e gli disse: «Dai, non fare il broncio! Una settimana passa in fretta, e puoi portarti anche Ettore se vuoi. » «Ma certo che viene con me! » Perché anche se Orso era grande – infatti andava a scuola già  da due mesi – non avrebbe mai potuto abbandonare il suo pupazzo preferito.
Il viaggio in macchina era stato brevissimo. Il negozio era in fondo alla strada.
Lo zio Attilio appena vide Orso gli fece un buffo inchino. «Ciao, prode cavaliere! Spero che voi e messer Ettore abbiate fatto buon viaggio! Vi mostrerò subito gli alloggiamenti. »
Orso salutò velocemente mamma e papà , strinse Ettore più forte che poté e gli bisbigliò all’orecchio: «Stammi più vicino… non vorrei che ti perdessi! »
Il negozio dello zio non era una novità  e Orso lo conosceva abbastanza bene, perché la mamma ogni tanto lo portava a passarci il pomeriggio dopo la scuola.
La vera novità  consisteva nel dormirci, e ora il piccolo si chiedeva quali fossero i suoi «alloggiamenti », visto che la stanza dello zio era già  piccola per un adulto.
«Ecco il Vostro giaciglio. Spero Vi aggradi! »
Orso rimase molto sorpreso. La stanza era grande e ovunque guardasse era piena di mobili e curiosi oggetti. C’erano una pendola antica e un bellissimo letto con quattro draghi che formavano un baldacchino.
Sollevando la testa ci si accorgeva che era impossibile vedere il soffitto, carico com’era di ogni tipo di lampadari. Preso dal guardarsi attorno, ad un tratto Orso urtò contro un baule perdendo l’equilibrio.
Lo zio agguantò il nipote al volo.
«Attenzione! Come vedi, mio prode cavaliere, qui è tutto alla rinfusa. Ogni cosa è a tua disposizione; ma ti invito ad un particolare riguardo nei confronti di questo specchio che mi è caro come il mio più caro amico. » Dicendo questo Attilio prese un arazzo e coprì la superficie riflettente che era posta davanti al letto.
La giornata passò in fretta, Orso e il prode Ettore andarono a letto sfiniti.
Nel silenzio della notte l’arazzo cadde con un fruscìo polveroso. La stanza era illuminata dalla luce della luna e nello specchio ogni oggetto sembrava acquistare maggior mistero.
Il riflesso di Orso scansò stizzito con i piedi la coperta e sedendosi sul letto disse a bassa voce: «Uffa! Adesso non ho proprio voglia di dormire. Vieni Achille! Andiamo a fare uno scherzo a quel bambino. »
E come se fosse la cosa più naturale da fare, l’immagine del bimbo uscì dallo specchio creando sulla sua superficie un’increspatura, come quando si lancia un sasso in un lago.
Di colpo Orso si svegliò. Qualcuno gli stava rubando Ettore e con sua enorme sorpresa si accorse che il ladro era lui, anzi, un bambino che sembrava lui.
«Lascia stare Ettore! E’ mio! »
«Ma dai… Come sei permaloso! Volevo solo giocare un po’… »
«E tu chi sei? »
«Io sono Leone e questo è il mio amico Achille. Veniamo dallo specchio… Mi stavo annoiando. »
Orso si stroppicciò bene gli occhi. Aveva paura o forse sperava di stare ancora sognando.
I due scoprirono in breve che avevano tante cose in comune e si misero a giocare ai pirati usando il letto come un magnifico galeone. Nel frattempo la luna rotolava sul vellutato tappeto della notte, e la sua luce incominciò ad essere più tremula nella stanza dell’antiquario.
Leone si guardò attorno. Le ombre aumentavano, ed anche nello specchio tutto era meno nitido. «Ora devo andare! »
«Ma dai! Io ho voglia di giocare ancora con te, domani notte torni? »
«Non posso promettertelo, ma spero di poterlo fare. »
Orso guardò a lungo il suo animale di pezza e disse trattenendo un sobbalzo alla bocca dello stomaco: «Scambiamoci Ettore e Achille, sarà  il nostro segreto, come un patto tra pirati. »
«Va bene, ma ricordati che il mio ha paura di stare da solo al buio. »
Orso rispose con un sorriso: «Lo sapevo… Anche loro si somigliano molto. »
Con un piccolo balzo Leone rientrò nello specchio con in braccio Ettore e i due bambini si salutarono ancora dai rispettivi letti prima di addormentarsi.
La mattina seguente zio Attilio andò a svegliare il nipote. «Dolce principe, è tempo di destarsi. » Orso aveva molto sonno, ma appena vide che nel grande letto c’era con lui Achille, si sentì subito sveglio ed eccitato. Quello che era accaduto non era stato un sogno ma una misteriosa avventura. Si lavò, si vestì in fretta e si sedette di fronte ad una fumante scodella di latte. Lo zio vedendolo arrivare chiese: «E il tuo fedele amico? » «Ettore? Ehm… ha la febbre. Lascialo sotto le coperte. »
Quando il piccolo tornò da scuola andò subito a controllare che Achille fosse ancora ben nascosto e ritrovatolo sentenziò che Ettore sarebbe rimasto a letto tutto il giorno. Lo zio lo guardava divertito.
Orso passò il pomeriggio in attesa della notte cercando di tenersi sempre occupato.
Ma quando finalmente venne il momento di andare a letto, zio Attilio prese un bel libro sui cavalieri medievali e si propose di leggere al nipote «… le gesta eroiche del tempo che fu. »
Il bimbo inizialmente era felice. Adorava andare a dormire con qualcuno che gli leggeva un libro. Peccato che Attilio, una volta incominciato, sembrava non aver più voglia di smettere. Come al solito lo zio lo stupiva. Suo papà , quando gli leggeva una storia a letto, sembrava avesse il fuoco sotto la sedia e Orso doveva sempre pregarlo di trattenersi a raccontarne almeno due.
Nel frattempo il signor Attilio si era fatto talmente prendere dalle storie che raccontava che si era messo uno scolapasta per cappello e mostrava con un ombrello, usato a mo’ di spada, «… i fendenti più mortali! »
Il piccolo iniziò a fare finta di sbadigliare. Doveva assolutamente liberarsi della sua presenza, ma a quel punto lo zio trasecolò. «Mio impavido eroe, non vorrai mica dirmi che non attendi con me i nostri ospiti?! » Orso scoppiò in una risata liberatoria. Avere dei segreti gli piaceva, ma gli spiaceva tenerne uno proprio nei confronti di uno zio così simpatico. «Ma allora tu sapevi tutto! » «Mio caro, io sono un vecchio filibustiere! Come ti dissi ieri quest’oggetto ricco di misteri è il mio più caro amico. » Dicendo questo prese per mano il nipote e andarono davanti allo specchio.
Appena la luna spostò i suoi preziosi raggi nella stanza, dallo specchio uscì un secondo zio che teneva per mano Leone. Gli adulti si salutarono come due fratelli e i due bimbi li guardarono a bocca aperta. Poi, senza tergiversare ancora, zio Attilio si armò di ombrello e disse ridendo: «E adesso possiamo andare tutti e quattro all’attacco della torta ai mirtilli! » Orso si sentì proprio felice e guardando il suo amico disse: «Dopo però Ettore e Achille vogliono giocare ai pirati! »

Ultimo aggiornamento

27 Settembre 2022, 10:04

Skip to content