FIABE ILLUSTRATE 2004: Lo specchio della regina – menzione per il miglior testo

 

LO SPECCHIO DELLA REGINA – menzione per il miglior testo
Testo: Eleonore Gerbelle, 25 anni Aosta
(Illustrazioni: Angela Maria Iennaco, 22 anni, Torino)

Un cavaliere galoppa solitario nella foresta; il sole sta tramontando, la luce incerta del crepuscolo filtra appena tra i rami degli alberi autunnali e il sentiero ricoperto di foglie gialle, rosse, brune, attutisce il rumore degli zoccoli. Il cavaliere ha perduto i suoi compagni di caccia, forse ha preso un sentiero sbagliato, e ogni tanto si ferma e rimane in ascolto, ma non sente se non i sussurri del bosco sempre più scuro.
E’ inquieto, si dice che nel fitto della foresta si nascondano i ribelli, i seguaci del re sconfitto e ucciso dodici anni prima, che non hanno mai accettato il nuovo sovrano, definito da loro l’usurpatore. Sono abili, compaiono all’improvviso, uccidono, saccheggiano e scompaiono. Invano i soldati li combattono, è una lotta col vento.
Sulla riva del ruscello il cavaliere smonta da cavallo e beve avidamente l’acqua gelida, anche il cavallo beve, hanno sete e cominciano entrambi a sentire anche la fame e la stanchezza.
Finalmente una luce appare nel buio ormai fitto che è sceso minaccioso e inquietante sulla foresta quasi spoglia. E’ una tenue luce che brilla, una luce amica e il cavaliere sprona il cavallo e giunge davanti ad una piccola casa in pietra, annerita dal tempo, una casa di carbonai, sicuramente. Sono uomini perennemente neri di fuliggine, vivono accanto alle loro cataste di legna che lentamente si trasforma in carbone e non abbandonano mai il folto della foresta. Dall’infanzia alla vecchiaia, sempre accanto al loro fuoco che va sorvegliato attentamente; al villaggio più vicino vanno le loro donne a fare qualche compera nei giorni di fiera, con i figli piccoli che ancora non sono in grado di badare al fuoco .
Il cavaliere scende dal cavallo e, tenendolo per la briglia, bussa alla porta.
Poco dopo compare sulla soglia una donna anziana, dietro la quale si intravede il viso annerito e sporco di un ragazzo. Socchiude appena la porta, con un poco di timore: è un luogo isolato e potrebbe essere qualcuno con cattive intenzioni.
Il cavaliere spiega brevemente di aver perduto i suoi compagni, che probabilmente lo stanno cercando, e si è smarrito nel fitto del bosco, chiede ospitalità  per la notte; domani, alla luce del giorno, sicuramente i suoi compagni riprenderanno le ricerche e lui stesso si orienterà  meglio nella foresta.
La donna apre completamente la porta e lo invita ad entrare, scusandosi per la povertà  della casa, non certo degna di un nobile cavaliere come lui. Anche il cavallo sarà  stanco, la donna dice qualcosa al ragazzo che subito si avvicina al cavallo e prende la briglia; è bravo ad accudire i cavalli, rassicura la donna, il cavallo avrà  una buona razione di biada e potrà  riposare sotto la tettoia di paglia dietro la casa.
Il cavaliere si siede su di una rozza panca vicino al camino. Sul fuoco, in una pentola scura appesa alla catena, sta cuocendo una zuppa. La donna si scusa ancora, c’è la zuppa sul fuoco, sarà  cotta tra poco, è la loro cena che divideranno volentieri con l’ospite inatteso; certo un cavaliere come lui sarà  abituato a ben altro.
Il cavaliere ha fame e sorride nel riflesso del fuoco, tutto è gradito quando si ha fame, la fame è il miglior condimento, dice, e rende appetitoso ogni cibo.
E’ un bell’uomo il cavaliere, alto e bruno, dai lineamenti forti e delicati allo stesso tempo, dagli splendidi abiti da caccia ricamati in oro, un gran signore.
Il cavaliere chiede perché non approfittano, per sfamarsi, della abbondante selvaggina della foresta. Non è più possibile risponde la donna, prima ci era concesso cacciare, ma ora il nuovo signore, Olaf di Narik, punisce con la morte chi caccia nella foresta, la caccia è riservata unicamente a lui e ai cavalieri della sua corte.
E’ una legge ingiusta, dice il cavaliere aggrottando leggermente la fronte, forse il signore di Narik non lo sa neppure, i suoi ministri fanno e disfano leggi a sua insaputa, lo avviserò. La donna lo guarda stupita e perplessa, mentre mette davanti al cavaliere una scodella di legno con un cucchiaio di stagno e serve la zuppa con un mestolo. Anche il ragazzo si è avvicinato al fuoco, con aria timida porge la sua scodella di legno e comincia avidamente a mangiare seduto sulla pietra del focolare.
Il cavaliere mangia con appetito e dice: è molto buona la vostra zuppa. La donna ringrazia e si schermisce, si sa, roba da povera gente.
Il cavaliere guarda il ragazzo: è sporco e indossa abiti stracciati, ma i suoi capelli color del grano hanno riflessi dorati alla luce del fuoco e i suoi lineamenti sono delicati, non sembra il figlio di un carbonaio: il ragazzo alza gli occhi e guarda il cavaliere, occhi azzurri come il cielo lo fissano con una certa ostilità . Ma è un attimo, e subito abbassa sulla scodella quegli occhi meravigliosi.
Il cavaliere è turbato da quello sguardo: è vostro figlio questo ragazzo, chiede alla donna.
La donna dice: è il mio ragazzo più piccolo, altri due sono nella foresta con mio marito e i carbonai, l’unica figlia femmina è sposata con il fabbro del villaggio, il figlio maggiore è morto nella grande battaglia, quando il signore di Narik, Olaf il Nero, conquistò il paese e il signore che ci governava, Enor di Kern, fu ucciso con tutti i suoi. In casa con me è rimasto solo questo ragazzo.
Il cavaliere non parla e guarda a lungo il ragazzo, poi dice: sembra grande abbastanza per andare a lavorare con i suoi fratelli. Lo so, risponde la donna, ma ho chiesto a suo padre di lasciarlo ancora un poco con me, mi aiuta nelle faccende e mi tiene compagnia, non mi piace rimanere sola, qui nella foresta, in questa casa isolata.
Il cavaliere e il ragazzo hanno finito la zuppa, anche la donna ha terminato la sua povera cena, c’è nella stanza un grande silenzio.
Ad un tratto il cavaliere dice, come parlando a se stesso: è stata una sanguinosa battaglia, quella combattuta per conquistare il castello, molti valenti guerrieri sono morti.
Gli uomini di Enor di Kern si sono battuti da valorosi fino all’ultimo, ma alla fine il castello è stato conquistato.
Sì signore, dice la donna mentre sfaccenda per la buia cucina, tutti sono stati uccisi al castello, il signore, sua moglie, le figlie, i servi, una vera carneficina, l’acqua del fossato è rimasta rossa di sangue per molti giorni…
Il cavaliere sembra non ascoltarla, guarda nel vuoto, come seguendo i suoi pensieri.
Dicono però, continua assorto, che l’unico figlio maschio del signore di Kern, allora un bambino in fasce, sia stato salvato dalla nutrice e nascosto, in attesa di poter vendicare la sua famiglia uccisa…
Favole, signore, favole, risponde la donna, come avrebbe potuto salvarsi dalla strage?
La gente amava molto il signore di Kern che era buono e generoso, e così ama pensare che suo figlio sia ancora in vita; mio marito ha combattuto in quella battaglia ed è salvo per miracolo, dice che nessuno è scampato alla strage che seguì la conquista. Credetemi, lui era lì quando gli uomini di Olaf di Narik sfondarono le porte ed entrarono nel castello. E poi forse saprete che lo stesso Olaf di Narik, imitando il crudele re Erode, fece uccidere poco dopo dai suoi soldati tutti i bambini maschi del regno che avevano l’età  del figlio del defunto re. Non sarebbe comunque sopravvissuto.
Fu un tremendo errore, dice il cavaliere come parlando a se stesso, perduto nei suoi pensieri, una strage inutile che ha provocato solo odio e disperazione.
La donna non risponde. Il cavaliere guarda sempre lontano, il suo sguardo vaga inquieto dalle pareti annerite alle povere suppellettili della stanza e infine i suoi occhi si posano perplessi sul ragazzo rannicchiato accanto al fuoco, che sembra essere sul punto di addormentarsi.
Quanti anni ha il ragazzo? Chiede ad un tratto.
Ha soltanto dieci anni signore, risponde la donna, è nato nell’anno della grande carestia che seguì la conquista, ma è alto e robusto per la sua età , somiglia a suo fratello che è morto in guerra.
Dicono anche, riprende il cavaliere, che la spada del signore di Kern, la spada meravigliosa che aveva donato un mago ai suoi antenati, sia stata nascosta da gente fidata e il giovane principe sfuggito alla strage attenda con impazienza di servirsene per la sua vendetta, e lo specchio magico dalla cornice d’oro delle regine di Kern, che riflette soltanto il volto di un re o di una regina che stanno per morire, attenda di riflettere il volto agonizzante di Olaf il Nero… Anche quest’oggetto scomparve dalle stanze della regina e non fu mai ritrovato…
Vi ripeto signore, tutte favole, non credete alle fantasie della gente. La donna lo guarda negli occhi mentre continua a muoversi per la scura cucina. Ha occhi neri come il carbone, per nulla simili agli occhi azzurri del ragazzo.
Noi dormiamo là  sopra, signore, dice la donna, indicando una scala di legno che porta ad un soppalco, nel fienile, ma per voi, se vi accontentate, preparerò un pagliericcio accanto al fuoco e vi darò un mantello di lana che era di mio figlio; così starete più caldo, le notti sono fredde, sta per arrivare l’inverno e voi non siete avvezzo certamente ad una casa come questa, siete un ricco cavaliere.
Il cavaliere ringrazia e continua a guardare il ragazzo: vieni, gli dice, avvicinati ragazzo, non avere paura.
Il ragazzo si avvicina e il cavaliere con una mano gli solleva il viso che tiene chino sul petto e fissa i suoi occhi azzurri, mentre con l’altra mano tenta di ripulirlo dalla fuliggine che gli nasconde i lineamenti.
Sei un bel ragazzo dice, ti piacerebbe venire con me e diventare mio scudiero? Hai lineamenti delicati e non sfigureresti per nulla tra i paggi di corte.
Che dite signore, interviene la donna, come potrebbe? Un figlio di carbonai, a corte!
Perché no? Il signore parla ora col tono deciso di chi è avvezzo a comandare. Se lo desidero, il ragazzo diventerà  il mio scudiero, lo porterò con me, i miei desideri sono ordini, buona donna!
La donna indietreggia spaventata, ma il ragazzo rimane immobile e continua a fissare il cavaliere, senza timore.
Non abbiate paura, dice sorridendo il cavaliere, avete reso un grande servizio ad un potente signore, la vostra ospitalità  è stata apprezzata, avete diviso con me il vostro pasto e passerò la notte sotto il vostro tetto; domani, quando la mia gente mi raggiungerà , sarete ricompensata generosamente, siete gente semplice e sudditi fedeli non avete nulla da temere.
Porterò con me il vostro ragazzo e ne farò il mio scudiero, questo bel ragazzo merita qualcosa di meglio che diventare un carbonaio. Quando lo vedrete vestito e ripulito come si conviene, sarete orgogliosa di lui.
Il cavaliere accarezza i capelli color del grano del ragazzo, ma il ragazzo si irrigidisce sotto quella carezza, i suoi occhi hanno come un lampo di odio.
Intanto la donna si avvicina al cavaliere, si inchina profondamente e gli porge una tazza: bevete questa tisana signore, concilia il sonno e allontana la stanchezza, dice mentre il ragazzo svelto sistema pagliericcio e mantello accanto al fuoco, dormirete tranquillo e domani sarete riposato, so bene che questo non è un luogo adatto a voi, è una povera casa di carbonai, ma dormirete bene ugualmente, sono sicura.
Il cavaliere ha vuotato la tazza, il liquido è caldo, dolce e profumato. Subito si sente preda di uno strano torpore, si sdraia sul pagliericcio, si copre col mantello e pensa agli occhi azzurri del ragazzo, occhi che gli ricordano qualcuno, ma non riesce a ricordare chi.
E’ sicuro di aver già  visto occhi simili a quelli, ma dove? Tutto è diventato confuso intorno a lui e scivola lentamente in un sonno pesante e senza sogni.
Si sveglia all’improvviso e sente sul collo qualcosa di freddo: vorrebbe alzarsi, ma non ci riesce, le sue membra sono come paralizzate. La luce della luna che entra da una piccola finestra fa risplendere una lama luccicante che il ragazzo dagli occhi azzurri, in piedi davanti a lui, gli appoggia alla gola. Il ragazzo tiene salda in pugno una spada, la spada meravigliosa e affilata che i soldati cercarono invano nel castello conquistato.
Ora il cavaliere ricorda; gli occhi del ragazzo sono gli stessi occhi del signore di Kern che lo fissavano increduli mentre la sua spada lo colpiva al cuore.
Il ragazzo lo guarda con occhi di pietra.
Ora morirai, dice scandendo le parole con voce di ghiaccio, tu assassino di mio padre, di mia madre, delle mie sorelle, della mia gente e sappi che ti uccide con la spada dei suoi avi Erik di Kern, figlio di Enor. Io che fui salvato da questa donna, la mia nutrice, che mi ha nascosto e allevato per la vendetta.
La spada affonda lentamente nella gola del signore di Narik e mentre lo sguardo gli si appanna e la vita fugge dal suo corpo vigoroso, vede riflesso il suo volto sempre più pallido in uno specchio dalla cornice dorata che la donna della capanna gli tiene davanti agli occhi.
Guardati morire, Olaf di Narik, guardati nello specchio della mia signora, la mia buona regina che amavo più di me stessa e tu hai sgozzato insieme alle sue figlie nel salone del castello.
Già  il sangue imbratta il vestito dai ricami d’oro, e gli occhi azzurri di Erik di Kern che lo guardano con odio e la cornice d’oro finemente cesellata dello specchio sono l’ultima cosa che vedono gli occhi scuri del signore di Narik prima di chiudersi per sempre.

Ultimo aggiornamento

27 Settembre 2022, 10:19

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